Anno 2017. Solo uno zaino in spalla, mille speranze nel cuore. Sono partita nel mio primo viaggio in solitaria, destinazione Corea del Sud. Aveva appena diciotto anni e non sapevo con quale denaro ci sarei arrivata, ma sapevo che lo avrei fatto. Modi per risparmiare durante un viaggio ce ne sono: optare per un ostello anziché l’hotel, acquistare i voli direttamente dalla compagnia aerea piuttosto che utilizzare gli intermediari come Booking, affittare un appartamento con Airbnb. La mia salvezza è stata Workaway.com, che mi ha permesso di coronare il sogno di visitare uno dei paesi più indimenticabili e low-cost che il mondo ha da offrire. Immergersi con l’aiuto dei locali nella cultura per comprenderne gli usi ed i costumi e poter sentirsi “a casa” anche se a migliaia di chilometri dalla propria terra natia era lo scopo del mio viaggio, e il sito mi ha dato occasione di farlo.
Esso offre l’opportunità di mettersi in contatto con varie persone da tutte le parti del mondo, in un vero e proprio servizio di volontariato: scelta la destinazione, compaiono offerte di “lavoro” in cambio di vitto ed alloggio e boom, niente più hotel costosi da pagare. Io ho scelto come meta Busan, seconda città più popolata della Corea del Sud, e ho scelto di dare lezioni informali di inglese per tre ore cinque giorni a settimana all’Zone Cafè, una graziosa caffetteria nata con lo scopo di mettere in contatto i locali desiderosi di migliorare il proprio inglese e persone fluenti provenienti da tutto il mondo disposte a donare un poco del loro tempo per una chiacchierata amichevole. Avevo trovato il mio sacro Graal: non solo avevo tutto il tempo per esplorare la città come una perfetta turista, ma avevo modo di conoscere persone che spesso e volentieri si offrivano di diventare le mie guide turistiche personali e farmi conoscere dei lati del posto che mai avrei scoperto seguendo il mio laborioso itinerario delle principali attrazioni che la città aveva da offrire. Andavamo a mangiare in ristorantini così imbucati nei vicoli rumorosi che non ci sarei mai capitata da sola nemmeno sbattendo il naso contro la porta, passeggiavamo in riva alla spiaggia scambiandoci aneddoti sulla cultura coreana e sulla cultura italiana, e finivo sempre per fare amicizia e creare ricordi indelebili. Vivevo con altri volontari provenienti da tutto il mondo: Cina, Francia, Germania, America, Spagna… Ero sommersa da un quantitativo incalcolabile di culture uniche e a me sconosciute, e nonostante usassimo la lingua inglese per comunicare visto che non saremmo mai riusciti a capirci altrimenti, andavamo d’accordo perché consapevoli che nonostante le differenze, c’era una cosa che ci accomunava tutti e ci faceva sentire meno distanti: l’amore per il viaggio. La Corea è un luogo alla portata di tutte le tasche: i mezzi di trasporto sono tra i più efficienti che io abbia mai provato (persino i taxi non costavano più dell’equivalente di sei euro dall’aeroporto al centro), il cibo locale è tra i più buoni che io abbia mai mangiato ed è molto economico (anche se un po’ piccante, quindi assicuratevi di leggere bene il menù se non apprezzate molto la sensazione della vostra bocca andare a fuoco!), le attività da fare sono innumerevoli e nella maggior parte dei casi addirittura gratuite. Il paese asiatico è da considerarsi una meta perfetta per i backpackers, e lo è ancora di più per chiunque sia interessata all’Asia ma non si senta al sicuro a partire all’avventura da sola: la Corea del Sud, assieme al Giappone, è uno dei paesi più sicuri dove viaggiare e dove si registra il minor numero di crimini commessi al mondo. Questo è il luogo dove non ti sentirai in dovere di tenere la borsa appiccicata addosso, dove non avrai paura a passeggiare da sola quando cala la sera, dove se scordi il portafoglio su un tavolino fuori dal bar di una strada affollata, lo ritroverai dove lo avevi scordato, incolume, il giorno dopo (parlo per esperienza personale, perché a chi non è capitato di avere la testa tra le nuvole così in alto da scordare per un secondo di lanciare uno sguardo anche a cosa stiamo dimenticando sotto il nostro naso?). In conclusione, il mio viaggio con zaino in spalla è stata una vera e propria avventura, che mi ha fatto innamorare di un paese così lontano ma che grazie al calore trasmesso dai coreani, sempre pronti ad aiutare e desiderosi di conoscere realtà nuove dalla loro, ora sento invece molto vicino. Dicono che viaggiare apra la mente, e su questo non posso far altro che essere d’accordo, ma poche volte ho sentito di chi invece è riuscito ad aprirci il cuore, viaggiando. Io il mio l’ho abbandonato proprio lì, nell’attesa un giorno di tornare a riprendermelo.
Articolo scritto da Jasmine Carrara
Ciao, so che l’articolo è vecchio di due anni, ma ci provo lo stesso :) Dato che anch’io stavo pensando di provare a fare un esperienza di workaway in Corea, posso chiederti con che tipo di visto l’hai fatta? So che vitto e alloggio sono considerati come retribuzione, per questo il visto turistico (ovvero il soggiorno senza visto entro i 90 giorni di permanenza) non è accettato. Grazie mille in anticipo se vedrai questa domanda!